Gli Abiti da Sposa di Atelier Lascari. Intervista ad Annagemma.

Le borchie sono il suo “marchio di fabbrica”.

Su abiti super leggeri, gonne, cinturini, cappelli.

Il suo stile è inconfondibile, originale, studiato, eclettico.

E’ lo stile di Annagemma Milano, direttore creativo di Atelier Lascari e della collezione ‘Annagemma Milano’.

Di origini siciliane, Annagemma ha collaborato con maison Ferrè, Dior, Valentino e Capucci e dal 1993 si dedica alla moda bridal e alla sperimentazione sartoriale nel suo studio stilistico dell’abito unico a Milano.

Haute Couture e creazioni di lusso tra gli abiti di Annagemma che hanno vestito donne di potere come Anna Wintour e Franca Sozzani.

Ed è proprio alla donna consapevole, quella che sa cosa che vuole e sa scegliere, che la collezione ‘Annagemma Milano’ si rivolge.

Non semplici abiti, ma concetti, “look”.

L’abito non va mai da solo, ma con una sofisticata collezione di accessori che lo rendono unico e impeccabile.

Abbiamo parlato con lei della sua ultima collezione.

 

atelier lascari

 

Annagemma, raccontaci della tua ultima collezione di abiti da sposa. Come si chiama? Quali sono gli elementi che la caratterizzano?

“La collezione si chiama Annagemma Milano. L’ho chiamata così perché è il mio nome e poi perché è stata creata e prodotta interamente a Milano. I tessuti sono italiani e il fatto che sia Made in Milan per me è fondamentale. E’ una collezione che distribuiamo negli atelier più importanti d’Italia e del mondo. Siamo al secondo anno e abbiamo già una liaison commerciale con delle bellissime realtà; realtà che guardano a collezioni contemporanee, come la mia”.

 

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Qual è la sposa che vesti?

“E’ una sposa internazionale, che ha viaggiato, che ama la tradizione ma fino a un certo punto. Una sposa che per il giorno del suo matrimonio vuole essere se stessa, non necessariamente in maniera trasgressiva ma sicuramente contemporanea. Il mio non è l’abito ‘bomboniera’, e neanche quello da principessa; vesto una donna consapevole, colta, in carriera, che sa scegliere da sola, anche l’abito per il suo matrimonio”.

 

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Dunque, una donna che sa cosa vuole?

“Assolutamente sì, non c’è espressione migliore”.

 

Qual è, allora, il messaggio che intendi mandare con questa nuova collezione?

“I messaggi sono diversi. Il nostro pay off della collezione dal 2016 è “unexpected bride”, quindi una sposa inaspettata, perché lei è libera di essere se stessa e di vestirsi come vuole. La collezione è nata per comunicare la libertà di scegliere in autonomia. Non è una semplice collezione di abiti, ma di look”.

 

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Cioè? I tuoi abiti raccontano una storia…

“Sì, raccontano una storia, hanno già uno styling al loro interno. L’intera collezione ha uno styling che segue l’abito. Quindi la boutique, quindi poi la sposa, può crearsi all’interno della collezione il suo look. E lo stesso termine look che ho portato dalla mia esperienza a Parigi, avendo diretto il rilancio della Maison Schiaparelli, a fianco di Christian Lacroix. Ho anche formato e diretto gli ateliers di Parigi e Milano nelle prime collezioni Schiaparelli, curando personalmente clienti e celebrities internazionali. E’ lì che ho toccato da vicino l’Alta Moda. La vera Alta Moda”.

 

Da lì la tua intenzione di realizzare non semplici abiti, ma veri e propri look, dei concetti.

“Sì. Look è già il primo termine che vuol dire un insieme di pezzi che formano un outfit, un’immagine. Io non vendo, non realizzo, non disegno il singolo abito. Ma Interi look, concetti. Nei negozi non venderò mai gli accessori separati dagli abiti. Un look personalizzabile. La sposa può crearselo modificando gli accessori. C’è un lavoro di moda e di styling, questa è la novità”.

 

Parlando di tessuti… Su cosa hai puntato?

“Io amo molto gli abiti leggeri. Sono quelli che mi contraddistinguono e che porto avanti sempre. Non stravolgo ogni anno la mia collezione, cambiando completamente tessuti e modelli. Riconfermo esattamente quello che penso: sono partita con linee leggerissime, ampie e scivolate, leggere al tatto e al movimento. Abiti che ti fanno sentire libera, felice. Ma non solo linee scivolate. Ho dato spazio anche a modelli più ampi: so costruire il volume nella leggerezza, non con dieci strati ma con due, tre sapientemente abbinati ma assolutamente leggeri. Tra i tessuti che utilizzo c’è il mikado, i pizzi francesi, il tulle. Ci sono i tessuti che creo io, per esempio il mio point d’esprit con le borchie. Probabilmente la mia collezione borchiata è stata la prima nella storia della moda bridal. Borchie che continuerò a riproporre anche quest’anno. Sono il mio marchio di fabbrica, il mio leitmotiv che mi porto sempre dietro”. 

 

Roberta Torresan Wedding Planner & Designer